Ci separiamo, ed ora? Come può aiutare la terapia familiare
Scritto da Dott.ssa Emanuela Melis, Psicologa e Dott.ssa Nancy Mazzella, Psicoterapeuta Familiare
TEMPO DI LETTURA: 7 MINUTI
La terapia familiare è un modello di intervento psicoterapeutico, derivante dalle teorie sistemico-relazionali, in cui l’attenzione è posta sull’intero sistema-famiglia. Nasce intorno agli anni ’60 negli Stati Uniti e tra i più grandi pionieri ricordiamo Murray Bowen e Salvador Minuchin. Secondo questi studiosi, l’individuo è caratterizzato nel pensiero, nelle scelte e nel percorso di vita dalla costante influenza, più o meno consapevole, dei rapporti interpersonali in cui è calato, in particolare da quelli familiari. Il sintomo o il disagio del singolo acquisiscono un particolare significato se letti alla luce delle relazioni, delle dinamiche e dell’organizzazione della propria famiglia. Per questo risulta particolarmente importante analizzare la storia familiare, osservare le modalità comunicative e interattive dei membri e comprendere come questi siano in rapporto tra loro.
Le famiglie hanno il compito di equilibrare senso di stabilità e promozione al cambiamento, compito non sempre facile o possibile. Può accadere che si creino blocchi, regressioni o conflittualità intorno ad aree o membri del sistema che forzano o minano tale equilibrio. Ogni evento naturale o imprevisto richiede un adattamento; quando questo viene ostacolato dalla volontà di mantenere il sistema-famiglia stabile, l’impossibilità di crescita e di cambiamento dei singoli diventa quasi sempre fonte di disagio, di difficoltà e/o di sintomi fisici. La terapia familiare diventa perciò uno strumento utile alle famiglie che ne fanno richiesta per osservarsi e per rendersi consapevoli del proprio funzionamento attuale, che hanno ereditato anche dalle generazioni passate.
Le motivazioni che possono richiedere un intervento familiare sono molte e possono riguardare il disagio causato da un’alta conflittualità, dall’allontanamento dei figli da casa, dal pensionamento, da lutti, da cambiamenti lavorativi e molto altro. Tra gli eventi che certamente minano l’equilibrio del sistema c’è la separazione coniugale, che, secondo l’Istat, ha riguardato ben 91.706 matrimoni nel 2015.
In fase di separazione gli ex coniugi possono percepire vissuti di fragilità, inadeguatezza e incertezza. Si ritrovano a fare i conti con il fallimento dell’aspettativa di un progetto di vita insieme, con la necessità di accettare una perdita sia affettiva che sociale. Devono riorganizzare la propria individualità ormai svincolata dall’altro, sebbene l’altro abbia rappresentato in precedenza un punto di riferimento e una base sicura.
All’interno di questo quadro già complesso si aggiunge anche la preoccupazione per il benessere dei figli. Sebbene infatti la relazione tra i coniugi possa giungere a un termine, fondamentale è la continuità del rapporto genitoriale. Le reazioni dei figli alla separazione possono essere le più disparate e molto dipendono dall’età.
Per quanto riguarda i bambini in età prescolare e scolare non c’è la piena consapevolezza di quanto sta accadendo, tendono a farsi influenzare non tanto dai contenuti quanto dall’intensità emotiva a cui sono esposti. A questa età possono sentirsi responsabili per la fine del rapporto tra i genitori vivendo così sentimenti di colpa. Non essendo ancora pienamente in grado di verbalizzare i propri vissuti, le ansie e le preoccupazioni vengono espresse più su un piano somatico e comportamentale. I bambini possono lamentare mal di pancia e/o mal di testa, presentare sfoghi cutanei e disfunzioni del controllo sfinterico, avere difficoltà nel sonno e nell’alimentazione, essere più sensibili ai cambiamenti con una maggiore suscettibilità agli eventi; in generale quindi, tendono a mettere in atto comportamenti più dipendenti e insicuri.
In età preadolescenziale e adolescenziale i ragazzi sono più consapevoli, più esposti alle discussioni e per questo più inclini a schierarsi con uno dei due genitori. Possono mettere in atto comportamenti ostili e accelerare il processo di separazione dalle figure di riferimento oppure avere difficoltà ad emanciparsi.
Ecco alcuni aspetti da tenere a mente, delle vere e proprie linee guida che, se non possibili da mettere in atto, richiederebbero uno spazio di indagine:
E’ preferibile che i genitori comunichino insieme la decisione ai figli; questo darà la possibilità ai ragazzi di comprendere da subito che, anche se mamma e papà non stanno più insieme come coppia, sono comunque uniti nell’impegno genitoriale. In questa fase è importante spiegare ai figli che la separazione non è colpa loro, che i genitori continueranno a voler loro bene e che avranno la possibilità di passare del tempo con entrambi.
È importante che i genitori si impegnino nell’ascoltare le preoccupazioni dei bambini e che forniscano loro delle spiegazioni chiare e ragionevoli. Ciò che più spaventa è il cambiamento, per cui può essere utile sottolineare che ci saranno cose che non si modificheranno come ad esempio l’affetto di mamma e papà.
Fondamentale è che i genitori condividano le responsabilità legate ai figli, che si accordino sulla gestione della quotidianità e sulle scelte educative. I bambini devono percepire un fronte unito sulle decisioni che li riguardano per cui bisogna evitare di discutere davanti a loro, di screditare l’ex partner o di strumentalizzare i figli per vantaggi personali.
La terapia familiare può aiutare a superare questa fase di transizione lavorando su più piani:
Sul piano individuale aiuta i coniugi ad elaborare i vissuti di sofferenza, rabbia e perdita di fiducia, all’interno di un contesto accogliente.
Consente a ciascun partner di ricostruire la storia relazionale per poter dare un senso e un significato alla fine del rapporto.
La comprensione di questi aspetti consente di raggiungere la “separazione psichica” (Bohannan,1985) dal partner e di investire le proprie risorse nella riorganizzazione della propria individualità.
Sul piano di coppia permette di ridefinire il ruolo genitoriale da quello coniugale. Mira a ridurre la conflittualità accrescendo le capacità comunicative.
Aiuta i genitori a comprendere le reazioni dei figli e li accompagna nelle fasi più delicate (es. comunicare la separazione).
Dal canto loro, all’interno dello spazio terapeutico, i figli hanno la possibilità di smorzare la propria ansia, i sensi di colpa e le preoccupazioni sul futuro. La terapia li accompagna nella fase di cambiamento, aiutandoli a ridefinire i legami con la famiglia estesa.